Ritengo vada fatta un pò di chiarezza, perchè (a mio modo di vedere) si stanno sovrapponendo vari piani.
In primo luogo va distinto il piano del PENSIERO (che viene prima) da quello dell' AZIONE (che viene dopo)
«Buoni pensieri, buone parole, buone azioni. Questa è la linea di condotta lasciataci da Zarathustra», commenta il sacerdote.
http://espresso.repubblica.it/plus/articoli/2017/01/05/news/iran-cosi-parla-zarathustra-1.292310#gallery-slider=undefinedLo cito perchè si ritiene che Zarathustra (o Zoroastro) sia vissuto circa 1000 anni prima di Cristo e, quindi, prima della filosofia greca (anche in essa si parla di forma-pensiero e sostanza-materia) e religione ebraica.
Il diritto è chiaramente una attività di pensiero. Le REGOLE economiche pure.
Viceversa, l'ATTIVITA' economica (ossia il LAVORO, la c.d. "produzione") sono azione, attività materiali.
In secondo luogo va chiarito su cosa si FONDANO le norme del diritto (ossia il PENSIERO trasposto nelle Leggi scritte dagli uomini)
In ogni facoltà di Giurisprudenza italiana esiste un esame (obbligatorio) chiamato "Filosofia del diritto", che spiega (o ambisce a farlo) le ragioni dell'esistenza del diritto e la giustificazione dell'obbligatorietà delle norme.
Per qualche millennio si è ritenuto pacificamente che il fondamento delle norme di diritto scritte dagli uomini fosse nel c.d "diritto naturale", ossia la morale, ossia l'assioma, ossia quel qualcosa (PENSIERO) che -pur non dimostrato- tutti intuiscono come EVIDENTE e dunque VERO.
Riferito agli uomini, è anche denominato come PRINCIPIO DI RECIPROCITA' (di cui avevo già detto sopra), ossia il rapporto di EQUILIBRIO-simmetria-rotazione che deve esistere tra TUTTI gli esseri umani (tra i singoli e nell'insieme, come BENE COMUNE).
A ben vedere, è una finalità propria dell'ENERGIA dell'Universo (tutto è simmetrico, tutto ruota in movimento, ma andiamo fuori tema in questo post).... quindi, UOMO compreso.
Il principio di reciprocità è riscontrato essere connaturato in TUTTE le filosofie e religioni umane comparse nel Pianeta Terra nei vari millenni, dunque è ritenuto EVIDENTE e dunque è VERO.
Il teologo Hans Kung l’ha definita la “regola aurea” presente nei Libri di tutte le religioni-filosofie mondiali, presa come base della Fondazione Etica Mondiale. Dal testo cartaceo in lingua italiana della stessa Fondazione Etica Mondiale, alle pagine 20-21 si legge:
Induismo (Mahabharata XIII, 114.

. “Non bisognerebbe comportarsi con gli altri in un modo che non è gradito a noi stessi: questa è l’essenza della morale”;
Giainismo (Sutrakritanga I, 11.33). “L’uomo dovrebbe comportarsi con indifferenza verso le cose mondane e trattare tutte le creature del mondo come egli stesso vorrebbe essere trattato”;
Cinese. (Confucio, Dialoghi 15,23). “Quello che non desideri per te, non farlo neppure ad altri uomini”;
Buddismo (Samyutta Nikaya V, 353.35-354.2). “Una condizione che non è gradita o piacevole per me, non lo deve essere neppure per lui; e una condizione che non è gradita o piacevole per me, come posso io imporla ad un’altro?”;
Ebraismo (Rabbi Hillel, Shabbat 31a). “Non fare ad altri ciò che non vuoi che essi facciano a te”,
Cristianesimo (Matteo 7,12; Luca 6,31). “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro”;
Islam (40 Hadithe -Detti di Maometto- di an-Nawawi 13). “Nessuno di voi è un credente fintanto che non desidera per il proprio fratello quello che desidera per sé stesso”.
Ritornando alla Filosofia del diritto, qualche secolo fa, con accellerazione negli ultimi decenni (guarda caso... quando si è iniziato a mettere nel dubbio Dio, quindi la morale, quindi l'ETICA UMANA...) si sono affermate sempre più correnti di pensiero "pratico" (il c.d "giuspositivismo": ossia vale ciò che è scritto purchè la fonte normativa sia legittima). Quindi tutto è sempre più "relativo"
Tradotto: vale ciò che dice la Legge (ovviamente, si dice, approvata con le giuste formali maggioranze, nel giusto formale Parlamento, con la giusta formale legge elettorale)..... anche se poi, in concreto, quella tale norma è intrinsecamente MORALMENTE INGIUSTA.
E' un discorso lungo, ma per avere una idea
https://it.wikipedia.org/wiki/Positivismo_giuridico.
DA QUI NASCONO (secondo me) I PROBLEMI EVIDENZIATI DA LUIGI INTORCIA, soprattutto nell'ultimo post.
Spesso le attuali leggi scritte dai vari parlamenti, soprattutto in materia finanziaria, ma non solo, non poggiano sulla morale umana.
E allora LA SOLUZIONE? va trovata, come sempre, nei principi universali dell'uomo, nella morale, nell'ETICA UMANA VERA (a cui deve uniformarsi il PENSIERO per essere considerato giusto, che viene prima dell'AZIONE).
Ad esempio, il “Compendio della Dottrina sociale della Chiesa” al capitolo ottavo su “la comunità politica”, dopo aver detto nel paragrafo 396 che "l'autorità deve lasciarsi guidare dalla legge morale.....", al 398 "l'autorità deve emanare leggi giuste, cioè conformi alla dignità della persona umana e ai dettami della retta ragione....", per il caso in cui ciò non avvenga, ai paragrafi 399 e 400 (ma sono interessanti anche quelli prima e dopo e, direi, la lettura integrale,) recita testualmente:
“c) Il diritto all'obiezione di coscienza
399 Il cittadino non è obbligato in coscienza a seguire le prescrizioni delle autorità civili se sono contrarie alle esigenze dell'ordine morale, ai diritti fondamentali delle persone o agli insegnamenti del Vangelo.820 Le leggi ingiuste pongono gli uomini moralmente retti di fronte a drammatici problemi di coscienza: quando sono chiamati a collaborare ad azioni moralmente cattive, hanno l'obbligo di rifiutarsi.821 Oltre ad essere un dovere morale, questo rifiuto è anche un diritto umano basilare che, proprio perché tale, la stessa legge civile deve riconoscere e proteggere: « Chi ricorre all'obiezione di coscienza deve essere salvaguardato non solo da sanzioni penali, ma anche da qualsiasi danno sul piano legale, disciplinare, economico e professionale ».822
È un grave dovere di coscienza non prestare collaborazione, neppure formale, a quelle pratiche che, pur ammesse dalla legislazione civile, sono in contrasto con la Legge di Dio. Tale collaborazione, infatti, non può mai essere giustificata, né invocando il rispetto della libertà altrui, né facendo leva sul fatto che la legge civile la prevede e la richiede. Alla responsabilità morale degli atti compiuti nessuno può mai sottrarsi e su tale responsabilità ciascuno sarà giudicato da Dio stesso (cfr. Rm 2,6; 14,12).
d) Il diritto di resistere
400 Riconoscere che il diritto naturale fonda e limita il diritto positivo significa ammettere che è legittimo resistere all'autorità qualora questa violi gravemente e ripetutamente i principi del diritto naturale. San Tommaso d'Aquino scrive che « si è tenuti a obbedire... per quanto lo esige l'ordine della giustizia ».823 Il fondamento del diritto di resistenza è quindi il diritto di natura.
Diverse possono essere le manifestazioni concrete che la realizzazione di tale diritto può assumere. Diversi possono essere anche i fini perseguiti. La resistenza all'autorità mira a ribadire la validità di una diversa visione delle cose, sia quando si cerca di ottenere un mutamento parziale, modificando ad esempio alcune leggi, sia quando ci si batte per un radicale cambiamento della situazione.”
I contratti (o, meglio, le OBBLIGAZIONI contrattuali) sono solo lo strumento neutro attraverso il quale si obbligano soggetti a fare cose NON GIUSTE, anche se apparentemnete (formalmente) lo sembrano.
E' come il coltello (strumento neutro) che serve per tagliare il pane, ma con cui si può anche uccidere un essere umano.
Va sviluppato un progetto unitario socioeconomico umano, fondato sulla MORALE umana condivisa: reciprocità, equilibrio, semplicità e rotazione.
Faccio un ESEMPIO CONCRETO.
PROBLEMA:
Spesso i lavoratori privati ritengono che quelli pubblici non si guadagnino il proprio stipendio (fanno poco relativamente alla paga ricevuta, alla certezza del posto di lavoro che hanno, alcuni -nei posti di potere- sono corrotti, fanno raccomandazioni, sono burocrati che rallentano il lavoro privato, ecc).
Viceversa, i dipendenti pubblici magari dicono che i privati (soprattutto gli autonomi) sono evasori, ecc.
CONSIDERAZIONI:
-aumenta strutturalmente nel mondo la disoccupazione e quindi sarà sempre più ingiusto garantire il posto ad alcuni (impiegati pubblici) con retribuzioni pagate dagli altri (tasse di lavoratori privati);
-In italia abbiamo circa 30milioni di lavoratori di cui 3 pubblici, ossia il 10% della forza lavoro.
-Si lavora mediamente 40 anni nell'arco della vita.
SOLUZIONE:
provo ad applicare il principio di RECIPROCITA' ETICA, SEMPLICITA' e ROTAZIONE e vediamo cosa esce fuori.
Si abolisce il pubblico impiego a vita, si istituisce un "servizio civico pubblico temporaneo" (ad esempio 4 anni su 40, il 10% della durata della vita lavorativa), cui possono partecipare tutti i cittadini (solo con fedina penale pulita e secondo le loro documentate pregresse attitudini lavorative) alla fine della loro carriera lavorativa privata. La paga mensile verrà fissata secondo il principio della domanda e offerta secondo ogni ruolo (come oggi si fa per appalti pubblici), con un minimo inderogabile pari a quello applicato nel lavoro privato nello stesso periodo storico.
Sono convinto che "evaporerebbero" istantaneamente tutti i problemi prima citati (paghe eccessive, stabilità di alcuni e precarietà di altri, corruzione, raccomandazioni nei concorsi ed altro, burocrazia inutile, inesperienza, ecc.).
Opinioni sulla soluzione proposta?