Strategia politica

Si propone di seguito una prima bozza di analisi della situazione presente, da approfondire successivamente insieme, per valutare quanto le proposte indicate rappresentino oggi un indirizzamento necessario dell’azione comune.

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Pur essendo ancora uno dei paesi più ricchi al mondo, l’Italia sta letteralmente sparendo, preda poco consapevole di interessi stranieri. Abbiamo perso la nostra autostima; il nostro sistema industriale si sta riducendo ai minimi termini; i nostri gioielli pubblici e privati sono svenduti a multinazionali o a magnati esteri; Parlamento e Governo appaiono impotenti e lontani dalla volontà popolare, mentre la giustizia non garantisce i diritti. L’impoverimento economico è unito ad un disorientamento valoriale che ha indebolito il tessuto sociale, a partire dalle grandi formazioni politiche di massa, non più capaci di aggregare e rappresentare le istanze popolari, passando dall’attacco all’istituto familiare che accentua la solitudine e l’individualismo, per finire ad un sistema informativo del quale la popolazione non riesce più a fidarsi. I recenti programmi politici elettorali sono apparsi fragili, poco convincenti, incapaci di dare risposte concrete all’opinione pubblica, totalmente disorientata. Questi presupposti rendono elevato il pericolo di una deriva autoritaria, oggi ampiamente sottovalutato. Non sono chiari alla popolazione, ma neppure a buona parte degli intellettuali, i meccanismi attraverso i quali il potere economico è di fatto sottratto alla politica nazionale ma non è neppure consegnato a migliori Istituzioni politiche europee. Mentre è sempre più evidente che le principali decisioni rispondono direttamente agli interessi di fondi speculativi internazionali, i quali finiscono per influenzare in maniera ricattatoria le decisioni della politica e la comunicazione di massa, controllando in modo pervasivo la nostra economia e la scena politica. Tale sistema di potere si è storicamente affermato attraverso l’imposizione di una specifica visione del mondo che, pur senza dichiararsi tale, è profondamente ideologica, e che definiamo per semplificare l’IDEOLOGIA NEOLIBERISTA. Tale processo si è svolto principalmente attraverso una forte presenza di propaganda mirata nei mass-media, nella cinematografia, nelle università e più recentemente perfino nei libri di testo destinati alle scuole. L’utilizzo scientifico delle conoscenze in campo psico sociologico e delle tecniche di manipolazione del consenso ci hanno accompagnato, lungo un percorso durato oltre un secolo, verso un vero e proprio PENSIERO UNICO, che ostacola oggi sia la comprensione della realtà, sia la diffusione di idee alternative. Il fenomeno è globale nel mondo, ma la posizione del nostro paese assume nel contesto generale un significato del tutto particolare. Paese ricchissimo, ma con scarso senso civico e mal rappresentato dalla classe politica dirigente, siamo preda ideale per quel mondo della finanza sovranazionale che crea il denaro dal nulla ed ha bisogno di convertirlo in beni materiali. I nostri palazzi di pregio, i monumenti ed i beni culturali, le isole, le coste, le montagne, le grandi e piccole aziende che gestiscono i servizi pubblici essenziali. Una dopo l’altra, passano silenziosamente di mano. Ed è una mano straniera.
L’essenza del neoliberismo consiste nella esaltazione della libertà di iniziativa economica privata, inserita in un modello altamente competitivo e libero dall’ingerenza della politica, che viene dichiarato (senza dimostrarlo) necessario a garantire l’eterno progresso materiale per tutta l’umanità. Questo modello prevede: – la squalifica sistematica di ogni valore morale non direttamente volto al progresso materiale, che è misurato solo dal PIL e dall’andamento delle borse; – l’esaltazione dell’individuo in competizione con gli altri, quale unico artefice del proprio destino e condannato al successo, o alla rassegnazione ed all’emarginazione; – la squalifica della politica e della democrazia, ostacoli al progresso; – la privatizzazione dell’intero sistema finanziario e quindi del controllo della moneta creata dal nulla, che da sola ha trasformato i titoli di Stato italiani preesistenti e tutte le successive emissioni da occasione di impiego del risparmio privato priva di rischi, come erano prima, in un gigantesco e ingestibile problema di debito pubblico; – l’assegnazione a banche centrali, totalmente isolate dalla politica, del potere di creare la moneta e del dovere di garantirne artificialmente il valore, coltivando l’illusione che il libero mercato dei capitali, fatto di titoli, debiti e derivati, possa far meglio progredire l’economia reale; – la progressiva eliminazione di ogni potere di intervento nell’economia da parte dello Stato, ridotto ad agente delle tasse che preleva soldi dalle aziende e dalle famiglie per pagare interessi crescenti sul debito pubblico agli investitori internazionali e per coprire le perdite causate dall’uso dissennato della finanza privata; – il mito dell’efficienza esclusiva della gestione privata dei servizi pubblici, misurata in termini di profitto/perdita e non più di soddisfazione di tutti gli utenti; – la sostanziale libertà di movimento delle merci;              – l’assoluta libertà dei capitali di circolare oltre i confini nazionali e di moltiplicarsi attraverso strumenti finanziari sempre più fantasiosi, pericolosi e non disciplinati; – la progressiva rassegnazione all’idea che il lavoro sarà sempre più scarso, precario e sottopagato; – il progressivo trasferimento del potere politico verso Istituzioni grandi e lontane, sopra nazionali, sottratte al controllo democratico, ritenute per assioma più efficienti e le uniche compatibili con la globalizzazione.
La promessa di eterno progresso per tutti è macroscopicamente tradita, smentita da una realtà contraria e assai dolorosa. La ricchezza ed il potere si concentrano nelle mani di un gruppo pericolosamente ristretto di persone nel mondo, crescono la povertà, la precarietà, l’insicurezza, si perde la speranza nel futuro di intere generazioni e di interi paesi, mentre la nostra ricchezza reale passa vergognosamente nelle mani del famoso 1% della popolazione.
Ciò nonostante, la propaganda è stata talmente efficace che ancora oggi nell’immaginario collettivo la colpa delle cose che non vanno non viene attribuita a questa finanza privata e irresponsabile ed alle multinazionali che sfruttano il lavoro e l’ambiente. Piuttosto, grazie alla propaganda del sistema mediatico (che è dipendente dalla finanza e dalle multinazionali), la colpa finisce per essere accollata da troppi soggetti, più o meno ingenui, allo Stato sprecone e inefficiente, ai politici incapaci e corrotti, alle macchine che automatizzano i processi della produzione ed agli immigrati che “ci rubano” il lavoro. L’azione di propaganda necessaria ad imporre tale modello ha agito infatti inizialmente demolendo nell’immaginario collettivo ogni valore positivo della politica e dello Stato, trasformato in fonte inevitabile di sprechi e corruzione.
Contemporaneamente, leggi elettorali in senso maggioritario hanno favorito la polarizzazione delle scelte politiche e il gravissimo allontanamento della base popolare dalla politica attiva e partecipata. Allontanamento favorito negli anni settanta, ottanta e novanta del secolo scorso, anche dalla distrazione prodotta da un fiume di credito facile, elargito inizialmente a piene mani dal sistema finanziario internazionale, e dalla salita apparentemente perenne delle borse mondiali, che hanno creato l’illusione della ricchezza facile e a portata di tutti. Dall’affermazione culturale del modello descritto è derivata una sempre maggiore presenza delle idee neoliberiste all’interno delle varie forze politiche, sia di destra che di sinistra, che ha facilitato l’approvazione di leggi funzionali agli obiettivi di tale ideologia, la firma di trattati internazionali, la progressiva cessione di quote di sovranità, fino ad arrivare ad una sostanziale incapacità dello Stato persino di reagire a palesi violazioni delle leggi vigenti e della Costituzione. L’ideologia che si è imposta prima culturalmente, ha quindi imposto le REGOLE, in buona parte legalizzate (ancorché attraverso un processo che ad una attenta analisi risulta sostanzialmente illegittimo), e per il resto come “regole di fatto“.                 L’immaginario collettivo, ma anche buona parte degli intellettuali del paese, da sempre favorevoli all’internazionalismo ed all’idea di una Europa unita, sono gravemente incapaci di cogliere la differenza fra l’ideale di Europa dei popoli, e la drammatica realtà del quadro istituzionale e dei principi sui quali l’Unione europea è stata fondata e va evolvendo. Istituzioni e principi funzionali al progredire della cultura neoliberista e degli interessi della finanza sopra nazionale, oggettivamente contrari agli interessi di tutti i popoli, ed in particolare di quelli dei paesi più esposti, come il nostro ed altri minori, totalmente impreparati al regime fortemente competitivo e di rigidità fiscale che quella cultura e quelle regole presuppongono ed impongono.
Dall’imposizione delle regole è derivata la progressiva conquista dell’ECONOMIA reale del paese, avvenuta dapprima sottraendo agli Stati nazione la sovranità monetaria; quindi dismettendo e trasferendo ai privati la proprietà e la gestione di interi settori produttivi precedentemente controllati dallo Stato attraverso il sistema delle Partecipazioni Statali (banche, energia, comunicazioni, trasporti, sanità), infine sostituendo la struttura produttiva fatta di piccole e medie imprese e dal piccolo commercio con una nuova rete costituita dalle multinazionali e dalla grande distribuzione organizzata. Gran parte delle nostre imprese sono sparite e le migliori sono state acquisite da multinazionali straniere, mentre i nostri giovani laureati sono stati obbligati ad emigrare all’estero.
L’azione culturale prosegue disintegrando altri valori fondanti della nostra comunità, colpendo sia l’istituzione della famiglia), sia la stessa identità italiana, progressivamente indebolita dall’afflusso incontrollato di migranti provenienti dall’Africa e dai paesi musulmani, mettendo oltretutto la popolazione di fronte al dilemma lacerante fra il desiderio spontaneo di accoglienza e la consapevolezza dell’impossibilità concreta di accogliere ed integrare milioni di disperati in fuga da paesi duramente colpiti dallo stesso sistema economico che sta devastando l’Italia.
Riassumendo, l’azione di assoggettamento dell’Italia da parte dei poteri finanziari internazionali si è sviluppata operando su 3 livelli: Azione culturale L’imposizione del pensiero unico ed il martellamento mediatico impediscono agli italiani, compresa gran parte della classe dirigente e degli intellettuali, di rendersi conto delle reali cause dell’impoverimento progressivo del paese, così come impediscono l’affermarsi di nuove idee che potrebbero consentire di risolvere i problemi. Azione politica istituzionale Il controllo delle istituzioni politiche consente ai “poteri forti” di utilizzare il potere coercitivo delle stesse istituzioni pubbliche: la pressione fiscale, la giustizia e le forze di sicurezza, che applicano le leggi anche se costituzionalmente illegittime, minando il senso stesso della legalità. Azione economica I “poteri forti” hanno preso il controllo quasi totale della creazione ed allocazione del denaro, che è il supporto indispensabile agli scambi di una economia avanzata, e controllano in larga parte la distribuzione commerciale. Tramite il potere di allocazione del denaro mantengono la popolazione sotto costante pressione, impedendole di avere anche il solo tempo di organizzarsi per comprendere i meccanismi di potere ed opporvisi. Il sistema finanziario è in grado, in qualsiasi momento, di soffocare la nostra economia facendole mancare il denaro e/o bloccando la rete di distribuzione commerciale (come è avvenuto in Grecia, come sta avvenendo in Venezuela).

Le forze politiche oggi in campo, spesso nate in gran fretta in vista della scadenza elettorale, quando non si perdono dietro i problemi secondari che la propaganda mediatica impone all’attenzione degli elettori (lo Stato sprecone e inefficiente, i politici incapaci e corrotti, le macchine che distruggono il lavoro, i diritti civili, gli immigrati che ci minacciano e rubano il lavoro) si limitano purtroppo a proporre modifiche prevalentemente limitate al piano economico; i più consapevoli, affrontano il nodo monetario. Pochi si avventurano ad affrontare il nodo culturale, tantomeno l’aspetto critico politico istituzionale. Chi si occupa di politica e di cultura spesso sottovaluta l’importanza di un’azione sociale diffusa di riconquista della nostra economia.
Fuori dall’ansia elettorale, è giunto il momento di mettere a fattore comune le intelligenze e le energie immense di questo Paese per programmare un’azione risolutiva e completa che ci porti non solo a recuperare la piena consapevolezza della nostra forza culturale ed economica, ma che la sappia esportare nel mondo.
I tre aspetti – cultura, politica ed economia – sono interconnessi e interdipendenti. Vanno affrontati in una visione d’insieme che sia completamente nuova, consapevole dell’esperienza passata ma non chiusa in posizioni nostalgiche, che sappia prendere gli aspetti positivi di ogni esperienza, senza pregiudizi totali e senza proporre improbabili e dolorosi scontri, per evolvere, invece, verso un modello sociale pienamente rispondente alle migliori aspirazioni dell’umanità.
Basato quindi sul pieno riconoscimento del valore di ogni individuo, come essere unico e irripetibile, ma che è consapevole che la sua piena realizzazione dipende dalla qualità delle relazioni sociali nelle quali è immerso.
Qualità delle relazioni sociali ben presente nel pensiero dei costituenti, e che le classi politiche dirigenti del dopoguerra avevano appena iniziato a realizzare.
E’ ora di riprendere il lavoro interrotto.

L’AZIONE POLITICA, pur se indispensabile, non ha grandi possibilità di riuscita, se prima il Popolo non ha ampiamente compreso la situazione in cui si trova, le sue implicazioni, e se non riesce ad intravedere e condividere le possibili vie d’uscita, ricordandosi che, essendo il vero sovrano, ha sempre e comunque la possibilità di orientare le scelte, nel bene e nel male.
Per questo motivo l’azione politica deve essere supportata e anticipata da una AZIONE CULTURALE, la quale è necessaria per cambiare le IDEE che circolano nella società italiana e le conoscenze a disposizione del Popolo, le quali sono alla base delle scelte democratiche che porteranno al cambiamento politico desiderato.
Non esistono scorciatoie. L’azione culturale richiede risorse, impegno e tempo, ma è pre-condizione necessaria a qualsiasi serio cambiamento.
In primo luogo per la fortissima concorrenza esercitata dal pensiero ancora propagandato dai mass media, nelle università, nelle scuole e che si ritrova persino nei testi delle leggi che vengono approvate. In secondo luogo perché la gente è troppo occupata a sopravvivere alla crisi economica e non dedica tempo alla propria formazione culturale: poche persone leggono libri e partecipano a convegni. In terzo luogo perché la gente è molto diffidente nei confronti di chi propone solo idee, troppo abituata ad essere ingannata dai politici.
Il pensiero unico è oggi largamente finanziato dallo stesso sistema di potere che lucra dalla crisi economica e che punta alla disintegrazione della società, a partire dalla famiglia, per avere un facile dominio culturale sulle persone, rese succubi del potere economico.
Quindi non solo occorre pianificare ed attuare l’azione culturale con energia, partecipazione e convinzione, ma dobbiamo sapere che per conquistare la fiducia degli italiani sarà necessario accompagnare l’azione culturale ad azioni concrete volte a risolvere i loro problemi di ogni giorno, a partire dagli effetti della crisi economica.
L’AZIONE SOCIO-ECONOMICA è quindi fondamentale per restituire fiducia e sicurezza alla popolazione, riappropriarci del tessuto economico del paese. Noi italiani dobbiamo diventare più consapevoli della nostra enorme capacità di lavorare e produrre, per realizzare che possiamo contare già da ora sulle nostre forze per soddisfare le nostre esigenze, senza dipendere da scelte imposte da altri. Per favorire questa consapevolezza sono necessarie due azioni: oltrepassare l’organizzazione commerciale dominata dalla grande distribuzione, che è funzionale agli interessi delle multinazionali e demolisce in maniera sleale la capacità produttiva dei nostri coltivatori, artigiani ed imprenditori; comprendere a fondo e ripensare l’uso della moneta, che è il supporto che regola gli scambi economici.
Creare reti di economia locale e di commercio sostenibile non vuol dire sdegnare o negare i vantaggi del commercio su ampia scale e internazionale, ma vuol dire diventare consapevoli della necessità di rispettare equilibri completamente diversi, se vogliamo impedire che da quel commercio derivino vantaggi per pochissimi e disperazione per troppi, come oggi oggettivamente accade. Vuol dire anche diventare diffusamente consapevoli e responsabili delle proprie capacità, e liberi di esprimerle pienamente.
Infine, l’azione economica è volano utile e a nostro avviso indispensabile per finanziare l’azione culturale e l’azione politica, che per essere efficaci hanno bisogno della collaborazione di professionisti e di un supporto economico sufficiente a contrastare avversari potenti e facoltosi.
L’azione culturale e l’azione politica devono disporre di mezzi e di persone impegnate a tempo pieno, che devono essere retribuite. Andranno strutturate a tal fine specifiche forme organizzative trasparenti ed autonome.
Questi 3 livelli di azione – culturale, socio-economica e politico-istituzionale – sono fra loro interconnessi ed ogni azione, portata avanti in uno specifico  ambito, aumenta l’efficacia dell’azione di coloro che operano in altri ambiti.
La nostra proposta è quella di dare vita ad una grande confederazione fra tutte le realtà che hanno in comune l’obiettivo della rinascita della “sovranità popolare”, favorita dalla triplice azione.

Per potere operare in sinergia fra loro, le varie iniziative di sovranità popolare hanno innanzitutto bisogno di una PRESA DI COSCIENZA sui valori comuni che fondano il nostro impegno e sugli obiettivi comuni che condividiamo. In secondo luogo è fondamentale dare vita ad una organizzazione di supporto che favorisca la nascita e che funzioni da coordinamento fra le diverse iniziative sopra descritte. A tale scopo è già costituita una associazione «Confederazione Sovranità Popolare» http://www.sovranitapopolare.it/, da trasformare in occasione di questo invito in Associazione di Promozione Sociale, che intende accogliere un insieme di «realtà di sovranità popolare» fra loro confederate: associazioni, movimenti, partiti politici, comitati, imprese, semplici cittadini. Sono invitate a partecipare tutte le realtà che si riconoscono nella “visione d’insieme” descritta nel presente documento, che sono coscienti di farne parte e che intendono impegnarsi a mettere a fattor comune le proprie conoscenze e competenze per la realizzazione dei vari progetti. L’impegno minimo richiesto ad ogni associato è di CONDIVIDERE conoscenze, competenze, esperienze già avviate sul territorio, premessa fondamentale affinché, nella massima libertà, possano nascere anche nuove iniziative. La forza della Confederazione Sovranità Popolare sarà quella di dare visibilità e riconoscibilità pubblica comune a tutte le realtà confederate, in modo che il popolo italiano sappia che ci sono ancora, nel nostro paese e nel mondo, molte energie capaci di dialogare fra loro e genuinamente impegnate per un futuro migliore. Il logo e la denominazione “di sovranità popolare” (di proprietà dell’associazione stessa) devono diventare identificazione automatica di qualità dell’azione politica, culturale e socio-economica, riconosciuto ed apprezzato nel paese. La Confederazione, per offrire i necessari servizi di supporto agli associati e per consentire la realizzazione di quanto illustrato nel presente documento, si dota di organismi finalizzati a svolgere le funzioni seguenti: Rappresentanza pubblica dell’associazione Centro Studi Coordinamento azione culturale Coordinamento azione politica Coordinamento azione socio-economica Validazione delle iniziative ufficiali “di sovranità popolare” Funzionamento proprio dell’associazione Segreteria Tesoreria Servizi informatici Lo Statuto “essenziale” che si propone in allegato è finalizzato a regolamentare una realtà associativa snella ma impegnata, in grado di svolgere le funzioni indicate, fondata sulla nostra comune volontà di dare attuazione ad una concreta Democrazia Partecipata, da mettere a punto con il nostro reciproco impegno. Presupposto indispensabile per la realizzazione di una società finalmente in linea con le migliori e più profonde aspirazioni di tutti noi.

Noi italiani dobbiamo essere consapevoli che, per varie ragioni, sicuramente connesse anche all’esperienza contingente, abbiamo in questo momento storico una visione delle cose privilegiata rispetto ad altre realtà nazionali. E questa opportunità la dobbiamo condividere con il resto del mondo, interessato, come noi, ad impostare un diverso vivere sociale, armonico con le aspirazioni profonde di una umanità alla ricerca di se stessa.

Il Centro Studi di politica fornisce all’Azione Culturale, all’Azione Sociale ed all’Azione Politica la chiarezza di visione e gli strumenti culturali per portare avanti la loro opera in modo da raggiungere gli obiettivi preposti. E’ necessario a superare la frammentazione delle informazioni che ci è stata riservata dal sistema formativo e informativo manipolato, per approfondire l’analisi della dipendenza del paese dalla finanza internazionale e dalle potenze geopolitiche che la sostengono e per individuare le vie d’uscita.
Al Centro Studi potranno partecipare sia persone provenienti dalle varie associazioni sia altre attualmente non legate a realtà associative.
I requisiti per partecipare sono la capacità di dialogo costruttivo, la competenza sulle materie trattate, la serietà, il rispetto degli altri e l’assiduità dell’impegno.
Il Centro Studi è chiamato a svolgere diversi compiti fondamentali, indispensabili per orientare ed alimentare l’azione politica su 3 livelli sopra descritta.
A.    Fare una analisi chiara e oggettiva della situazione dell’Italia nei suoi rapporti col mondo, per fare verità sulle ragioni della crisi, senza la quale non è possibile individuare soluzioni efficaci.
B.    Definire il PROGRAMMA POLITICO MINIMO IDEALE che non solo consente di uscire dal guado, ma inizia a definire IN QUALE DIREZIONE CI VOGLIAMO DIRIGERE. Serve a definire l’indirizzo delle varie iniziative politiche, culturali e socio-economiche che vengono intraprese. Questo programma è altra cosa rispetto al programma politico di un singolo partito, che sempre dovrà tenere conto della situazione contingente, delle necessità di mediazione, dei vincoli politici, ecc. Probabilmente, si tratterà di riscoprire il disegno del modello sociale descritto nella nostra Costituzione, oggi totalmente sconosciuto alla popolazione ed ignorato dall’azione politica. Ma non sono escluse a priori eventuali integrazioni ed aggiornamenti, alla luce delle esperienze vissute.
C.    Definire la STRATEGIA POLITICA IDEALE. Elaborare dei PERCORSI per partire dalla situazione attuale ed arrivare alla situazione ideale, operando a livello politico, culturale e socio-economico. Queste proposte vengono messe a disposizione dei vari gruppi operativi, affinché le possano condividere e realizzare.
La visione d’insieme sugli obiettivi e sulla strategia politica, unita alla conoscenza approfondita di tematiche chiave, consente di ideare delle nuove iniziative utili a realizzare gli obiettivi.
L’elaborazione politica non si può limitare alle questioni italiane, ma deve volgere lo sguardo al mondo intero, in un confronto collaborativo continuo con gli altri popoli che, come noi, sono alla ricerca di un nuovo modello sociale.
Il vero obiettivo è quello di creare una nuova corrente di pensiero di “sovranità popolare” riconosciuta in tutto il mondo.
Fra le priorità del Centro Studi:
– identificare le azioni politiche più idonee a liberare rapidamente il paese dal ricatto del debito, ridefinendo anche i rapporti internazionali ideali, per renderli coerenti con la legittima aspirazione del popolo italiano alla pace ed al benessere;
– individuare ed attuare forme di contrasto legittime alle ingiustizie più eclatanti ed alle svendite dei beni pubblici, sulle quali mobilitare pacificamente ma fermamente la popolazione;
– favorire in tutti i modi il riavvicinamento della popolazione alla politica partecipata: definendo uno standard minimo ideale per le formazioni partitiche democratiche; criteri trasparenti per la scelta dei rappresentanti; sponsorizzando presso gli Enti territoriali l’uso di adeguati regolamenti per la partecipazione e per l’uso di strumenti di democrazia diretta;
– predisporre una legge elettorale di iniziativa popolare a carattere proporzionale che consenta alle nuove formazioni di entrare in Parlamento e che garantisca ai cittadini di scegliersi i propri rappresentanti senza la prevaricazione dei partiti; l’obiettivo è di riportare l’arte del dialogo politico fra posizioni diverse al centro della democrazia parlamentare italiana. Unendo gli sforzi, si possono raccogliere milioni di firme.
– riforma dello statuto dei partiti, ai sensi dell’art. 49 della Costituzione: se da un lato l’esistenza di partiti seri e organizzati è indispensabile per una Democrazia, dall’altro lato dobbiamo trovare il modo di evitare la degenerazione della partitocrazia.
– favorire la creazione di una fitta rete di rapporti internazionali con realtà che condividano la necessità di diversi valori sociali.

L’azione culturale per essere efficace, diffondersi, e rompere il pensiero unico dominante, deve avvenire in modo coordinato e organizzato. Scopo dell’azione culturale sarà fare verità sulla condizione presente, mostrando quanto viene nascosto dai mass media di maggiore diffusione. Ma soprattutto lo scopo sarà quello di fare conoscere la nostra analisi della realtà, dei vari problemi dell’Italia, presentando le soluzioni previste nel « programma politico ideale ». Il tutto contrastando e smontando, pezzo a pezzo, il « pensiero unico » oggi dominante. La storia della cultura ci insegna che la diffusione di nuove idee passa necessariamente per un PUNTO DI RIFERIMENTO CULTURALE. Il punto di riferimento deve essere costituito da una “università di sovranità popolare”, ovvero da un luogo in cui le competenze provenienti dall’universo degli associati si incontrano, vengono condivise e vengono trasmesse. Se il luogo di incontro degli intellettuali di sovranità popolare resta comunque il Centro studi di politica (vedi il capitolo precedente), il Polo Universitario – che è e resterà sempre in stretta sinergia con il Centro Studi di politica – sarà il luogo di emanazione del messaggio culturale che intendiamo rafforzare e diffondere. Lo scopo è di rivalutare e diffondere la cultura umanistica attraverso la creazione di strutture formative a carattere universitario (multidisciplinare), per restituire unità e dignità alle infinite discipline specialistiche che, separate, ci hanno illuso con il progresso tecnologico ma ci hanno sprofondato nella confusione e nella povertà, materiale e spirituale. Nel concreto il Polo Universitario di sovranità popolare terrà corsi di formazione politica della nuova classe dirigente del paese, inclusi i politici di professione, i giornalisti o i magistrati e gli insegnanti di ogni livello che intendano svolgere utilmente ed efficacemente il proprio lavoro. Il Polo Universitario terrà convegni e farà pubblicazioni, in prospettiva diventando una vera e propria casa editrice. Infine il Polo Universitario potrà offrire un servizio di “certificazione tecnica” dei candidati alle elezioni su materie fondamentali come la macroeconomia, il diritto costituzionale, la sociologia, ecc. In questo modo i candidati potranno fregiarsi di un “marchio di qualità tecnica” di sovranità popolare. Oltre al centro di emanazione della cultura sarà anche necessario realizzare una struttura di diffusione attiva del nostro messaggio culturale, costituita da un gruppo editoriale Per garantire un cambiamento efficace e duraturo, infatti, non è sufficiente una classe dirigente consapevole e preparata, se poi la stessa cultura di base non è ampiamente diffusa e condivisa dal popolo, che deve diventare sempre più consapevole di essere il vero sovrano, responsabile primo della reale conformazione della società in cui viviamo.          Lo scopo è di realizzare un CANALE MEDIATICO libero e plurale che permetta a tutti i partecipanti di rompere il monopolio dell’informazione uniformata al pensiero neoliberista, e dia ad ognuno la possibilità materiale di far sentire la propria voce all’intero paese. Unendo gli sforzi, infatti, è tranquillamente possibile realizzare almeno un forte canale Televisivo nazionale, una emittente radio, una rivista periodica, un quotidiano, un blog a più voci ed un canale YouTube; il tutto rafforzato dalla predisposizione di convegni e di convenzioni con le scuole di ogni ordine e grado per l’adattamento delle conoscenze di base ai diversi bisogni.         La serietà del progetto e l’impegno alla partecipazione qualificata dei soggetti che aderiscono devono essere tali da consentire in tempi brevi una ragionevole raccolta di fondi da parte di chiunque sia interessato a concorrere alla costituzione di una vera e propria testata editoriale finalizzata a comunicare agli italiani la proposta culturale scaturita dal Centro Studi, le iniziative del Polo Universitario e quelle successivamente descritte in campo socio-economico. Viene da subito costituito un Gruppo Comunicazione, il quale inizia ad operare su internet per creare sinergie fra i numerosi siti internet, spesso espressione di realtà associative già esistenti e che possono facilmente riconoscersi nell’approccio culturale di sovranità popolare. L’azione culturale deve utilizzare tutti i mezzi di comunicazione disponibili, in modo sistematico: convegni sul territorio, giornali, radio, TV, internet, interventi nelle scuole. Ed altro ancora: cinema, spettacoli, libri. L’azione culturale deve essere portata avanti in modo mirato, in funzione del livello culturale dei destinatari e della loro sensibilità, adattando la diffusione ai diversi canali mediatici che, tradizionalmente, si rivolgono a diversi segmenti di destinazione, sviluppando un progetto specifico per ciascuno dei settori di comunicazione da risvegliare e fertilizzare. Il risultato sarà un progressivo mutamento culturale degli italiani, il quale sarà terreno fertile per la nascita di più partiti politici di riferimento che, pur distinti e diversi, condividano i valori costituzionali del bene comune e del dialogo democratico.  L’azione culturale avrà una ricaduta positiva non solo sui nostri partiti di riferimento, ma arriverà ad incidere, dove più dove meno, sulla sensibilità e sul programma politico di tutti i partiti.
In parallelo alle attività del Centro Studi ed all’Azione Culturale è anche fondamentale fin da subito dare vita a soluzioni concrete in grado di rispondere alle esigenze più urgenti della popolazione, agendo soprattutto a livello territoriale locale e valorizzando coloro che già da tempo operano in modo socialmente sostenibile nell’economia reale, collaborando con piccole medie imprese, lavoratori e cittadini-lavoratori-consumatori. Si tratta di mettere a fattor comune le svariate esperienze esistenti, per creare un vero e proprio sistema economico collaterale a quello controllato dal sistema finanziario, dalla grande distribuzione e dalle multinazionali che sottomettono la nostra economia tramite il controllo del denaro (supporto degli scambi) e della grande distribuzione organizzata. Concretamente parlando, l’azione socio-economica deve partire dal coinvolgimento degli agricoltori, degli artigiani, delle piccole e medie imprese e dei professionisti, che sono i produttori dei beni e servizi, messi in relazione diretta e non mediata con le famiglie, che sono sia prestatori di lavoro che fruitori dei beni e servizi che costituiscono il nostro concreto benessere.            E’ necessario creare una organizzazione dell’economia capillare basata su strutture associative territoriali e collegate in rete per la diffusione delle buone pratiche e di standard logistici, all’interno della quale i produttori ed i consumatori si incontrino, mettendo in piedi la necessaria rete di produzione, distribuzione e di controlli di qualità.                    L’obiettivo è una economia circolare e solidale, dove i produttori sono anche consumatori e in cui il sistema, all’interno del quale sono privilegiati gli scambi fra territori vicini, tenda all’autosufficienza perché riesce a coinvolgere un ampio ventaglio di professionalità e di offerte. Tre condizioni sono essenziali: – l’uso di strumenti monetari di scambio dedicati, che favorisca la concentrazione degli scambi nel circuito; – il coinvolgimento delle Istituzioni territoriali (Comuni, Regioni), che favorisca l’accettazione e la diffusione dei nuovi strumenti monetari – l’accettazione di un CODICE ETICO che metta al centro dell’azione economica non il profitto ad ogni costo, ma le persone, le famiglie, il rispetto della dignità del lavoro di tutti, l’armonia con l’ambiente. Collateralmente allo sviluppo dell’associazione di consumatori-produttori sarà possibile dare origine appena possibile ad una vera e propria banca (capitale sociale da versare 5 milioni di euro); nonché ad una rete di assistenza e ad un sindacato che tuteli i lavoratori ancora sottomessi alla grande distribuzione organizzata ed alle multinazionali. Tutte queste iniziative non nascono dal nulla. Si tratta di mettere a sistema e creare sinergie fra le innumerevoli realtà che già da tempo operano nel sociale,  come gruppi di acquisto solidale, distretti di economia solidale, avendo come valori fondanti i nostri stessi valori di “sovranità popolare”.
L’attuazione del programma politico di sovranità popolare dovrà passare in futuro per dei PARTITI che sapranno accogliere il programma politico ideale e che si adopereranno affinché venga realizzato mediante una presenza attiva nelle opportune sedi istituzionali, a livello locale, nazionale ed internazionale. Sebbene tale creazione sia autonoma rispetto alle attività della Confederazione, molte attività di servizio alla loro costituzione continuano ad arrivare dalla Confederazione stessa. L’azione politica darà vita ad iniziative referendarie, proposte di leggi popolari e iniziative pubbliche di vario genere che riterremo opportune. Non è esclusa, in futuro, l’azione di denuncia civile e penale di coloro che abbiano tradito la Costituzione italiana servendosi del loro ruolo istituzionale (Creazione di un pool legale e/o di una associazione per denunciare agli organismi competenti le gravi violazioni costituzionali da parte dei “poteri forti” o di istituzioni dello stato). Di certo sarà necessario promuovere congiuntamente l’adozione di una legge elettorale totalmente diversa da quelle attuali, incostituzionali ed ideate dagli attuali partiti per restare arroccati nelle stanze del potere. L’azione culturale, inoltre, può favorire la riscoperta delle profonde identità ideologiche che hanno caratterizzato la cultura politica italiana, che identifichiamo nella tradizione cattolica, socialista e liberale, le cui differenze non devono essere trascurate, ma accettate e rispettate. Tali identità culturali possono rappresentare in prospettiva la base per la creazione di 3 “confederazioni identitarie”, il cui progetto può essere favorito dalla nostra azione comune, proponendo, oltre alle descritte azioni comuni, modalità comuni di svolgimento del processo democratico interno ai partiti, oggi decisamente carente. Ciascuna “confederazione identitaria” porterà avanti un proprio percorso di aggregazione comprendente dei TAVOLI DI DIALOGO fra propri associati, che possono rispecchiare la nostra organizzazione e favorire il confronto costruttivo con le confederazioni politiche di diversa identità. Esempi: 1. Tavolo per riscoprire la propria identità politica (ad esempio la Dottrina Sociale della Chiesa, i testi di Gramsci e di Marx, ecc.) ed i valori della Costituzione, fondamento del nostro vivere democratico  2. Tavolo per FARE VERITA’ sulle cause dei problemi dell’Italia e per discutere dei documenti politici proposti dal Centro Studi    3. Tavolo per proporre delle iniziative politiche comuni e per il continuo perfezionamento del “metodo democratico”. Particolare focus sarà dato allo sforzo di definire un modello standard di METODO DEMOCRATICO PARTECIPATO, auspicato dalla Costituzione per l’organizzazione e la gestione delle formazioni politiche, ma che ha lasciato decisamente a desiderare nelle sue realizzazioni concrete. Questa è una sfida decisiva per consentire il superamento di quella grave lacerazione che si è oggi formata fra società civile ed istituzioni politiche, e che è alla base della attuale debolezza strutturale del nostro Paese sul piano internazionale.